Le nuove regole tutelano i lavoratori in caso di licenziamento. Vediamo insieme cosa cambia e cosa bisogna sapere.
Sono passati – per fortuna- i tempi in cui alcuni datori di lavoro potevano fare quello che volevano e licenziare a piacimento. Le nuove regole tutelano i dipendenti in caso di licenziamento. Sono tante le ragioni per le quali un rapporto di lavoro può terminare. Ci possono essere licenziamenti per giusta causa laddove il dipendente ha fatto qualcosa di tale gravità da rendere impossibile la prosecuzione di qualunque rapporto lavorativo con l’azienda.
Ci possono poi essere ragioni oggettive indipendenti dal comportamento del lavoratore come quando un’azienda entra in crisi e deve effettuare dei tagli. In ogni caso il datore di lavoro deve rispettare determinate regole.
In primo luogo il lavoratore licenziato deve essere informato tramite una raccomandata con avviso di ritorno: un licenziamento effettuato meramente a voce è nullo. Esattamente come è nullo un licenziamento non comunicato al diretto interessato o in cui non viene espressamente comunicata la ragione della fine del rapporto di lavoro. In tutti questi casi la legge annulla la decisione del datore che non si è attenuto alle regole. Ma, pur avendole rispettate, ci sono casi in cui un lavoratore può chiedere e ottenere la reintegrazione e il risarcimento.
Le nuove leggi cercano di tutelare il più possibile i lavoratori che, talvolta, vengono licenziati senza nemmeno sapere il perché. Vediamo insieme cosa si può fare e a cosa si ha diritto in base al motivo per il quale si viene licenziati.
Per prima cosa, nel caso in cui un lavoratore ritenga di essere stato licenziato ingiustamente, potrà impugnare il licenziamento entro 60 giorni attraverso una PEC o una raccomandata con avviso di ritorno. Se questo non porta alla reintegrazione nel posto di lavoro, allora si può procedere per vie legali entro 180 giorni. In alternativa al ricorso giudiziario il lavoratore può decidere di rivolgersi all’Ispettorato del lavoro per un’istanza di conciliazione.
Se verrà appurata l’illegittimità del licenziamento allora il lavoratore avrà diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento delle retribuzioni maturate dal giorno del licenziamento fino all’effettiva reintegrazione. Nel caso in cui il datore di lavoro non abbia specificato la causa del licenziamento allora l’azienda dovrà pagare al dipendente licenziato un’indennità il cui importo varia a seconda dell’anzianità di servizio del lavoratore.
Se un lavoratore, infine, perde il posto a causa di tagli effettuati dall’azienda ma senza avere alcuna responsabilità del licenziamento, allora avrà diritto alla NASpI. Quest’ultima è una forma di sostegno al reddito che si rivolge a chi ha perso il lavoro senza averne colpa. In pratica consiste in una indennità mensile che spetta a coloro che hanno maturato almeno 13 settimane di contributi.
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