Mangiare carne lavorata può comportare rischi per la salute, uno nuovo studio scientifico infatti rivela un brutto effetto collaterale.
Una bella scampagnata all’aperto, una brace in giardino con la famiglia durante le festività, a ferragosto o a pasquetta. Ognuno di noi si sarà trovato in queste situazioni almeno una volta nella vita e avrà gustato una bella bistecca, una salsiccia alla brace, un bel panino con l’hamburger in compagnia.
Che non ci sia niente di male a mangiare un giusto quantitativo di carne nella propria dieta è cosa risaputa, ma bisogna fare attenzione. La carne, inclusa quella rossa e quella lavorata, rappresenta senza dubbio un importante fonte di proteine. Bisogna però stare attenti alla quantità di carne che si assume nella propria dieta perché gli effetti possono essere molto negativi sulla salute.
In dosi eccessive infatti essi possono provocare un aumento di colesterolo, dei livelli di insulina nel sangue e l’infiammazione del tratto intestinale. Possono aumentare il rischio di certe patologie, tra cui i tumori, in particolare quelli del colon-retto. In particolare persone a elevato rischio individuale dovrebbero valutare con un medico quanto è opportuno ridurre l’apporto di carne rossa e carni lavorate. Fin qui, niente di nuovo.
Una recente ricerca, però, punta il dito contro la pancetta: se consumata ogni giorno aumenta il rischio di demenza del 50%. Lo studio condotto dai ricercatori inglesi dell’Università di Leeds ha rivelato che basta anche solo una fetta di bacon al giorno perché il cervello vada in pappa. E il pericolo cresce indipendentemente da altri fattori.
Lo studio scientifico conferma i rischi legati al consumo eccessivo di carne rossa o lavorata
Il team di studiosi ha esaminato i dettagli di britannici di età compresa tra 40 e 69 anni tra il 2006 e il 2010. In particolare hanno utilizzato i dati di 500mila persone, scoprendo che consumare una porzione di 25 g di carne lavorata al giorno, l’equivalente di una fetta di pancetta, è associato a un aumento del 44% del rischio di sviluppare demenza.
In una media di otto anni, infatti, sono emersi quasi 2900 casi di demenza, inclusa la malattia di Alzheimer. Queste persone erano generalmente più anziane, meno istruite, più propense a fumare, meno attive fisicamente e con più probabilità di avere una storia di ictus e di demenza familiare. Lo studio ha incluso anche dati di persone che hanno affermato di non mangiare carne rossa.
Fatto interessante, anche se alcune persone avevano da tre a sei volte più probabilità di sviluppare la demenza a causa di fattori genetici ben consolidati, i risultati hanno messo in evidenza che i rischi derivanti dal consumo di carne lavorata erano gli stessi indipendentemente dal fatto che una persona fosse geneticamente predisposta a sviluppare la malattia.
Anche se il consumo di carne era già stato precedentemente associato al rischio di demenza si ritiene che questo sia il primo studio che esamina un legame tra specifici tipi e quantità di carne e il rischio di sviluppare la malattia. Ci sono circa 50 milioni di casi di demenza a livello globale, con circa 10 milioni di nuovi casi diagnosticati ogni anno.
Questa ricerca ci conferma che il consumo di carne rossa o lavorata va controllato. Ancora meglio se abbinato a una dieta equilibrata e all’attività fisica.