Nonostante esista una patente speciale per le casistiche di invalidità, la certezza di mantenerla in ogni caso non esiste. Ecco quando si rischia il ritiro
Grazie al pacchetto di norme conosciuto come Legge 104, esordito nei codici nel 1992, l’Italia ha mosso un passo da gigante nei confronti della disabilità e il rapporto di integrazione nella società. Con questo poderoso provvedimento sono confluite nel catalogo dei diritti una lunga schiera di agevolazioni atta ad omologare le potenzialità dei soggetti affetti da invalidità con le opportunità quotidiane caratterizzanti la condotta dei normodotati.
Il tentativo di parificare il più possibile questa condizione non è possibile senza aiuti di carattere specificatamente economici; in tal senso, la legge 104 ha agito su più piani vissuti esistenzialmente dal cittadino all’interno del quadro sociale. Pertanto, il raggio di azione ha investito l’ambito fiscale, quello professionale e, ovviamente, l’ambito previdenziale. Tali contesti vengono connessi anche in relazione con l’esigenza di dar continuativamente corso a visite e ad assistenza di carattere sanitario.
Invalidità e patente, quando subentra il ritiro
Dunque, la persona portatrice di handicap può fruire oggigiorno di permessi retribuiti, secondo un calendario concordato con il datore di lavoro, per affrontare ciascun esigenza sanitaria del caso; inoltre, vengono attivati tutti i vantaggi connessi a forme anticipate di pensionamento, e, non ultimo di importanza, l’aspetto fiscale si dichiara sotto modalità di sgravi fiscali, quali sconti e una rete di detrazioni.
Come si può immaginare, una prima forma di detrazione, che più dettagliatamente si “sconta” nella dichiarazione dei redditi, è individuata nell’acquisto dei dispositivi medico-sanitari; ma in varia misura, altre detrazioni risultano anche in contesti trasversali dell’esistenza del soggetto: per l’acquisto di un’auto, ad esempio, si beneficia di uno sconto sull’iva, e addirittura dell’esenzione del bollo; una scontistica simile si applica sull’acquisto di dispositivi elettronici, come un personal computer o un notebook.
Invalidità e patente, quando la Commissione non riconosce la capacità di guida
Sul fronte della guida di un’auto, un soggetto con handicap può circolare col proprio veicolo grazie al rilascio di una patente di guida speciale. Il suo ottenimento comporta un iter più lungo per il rilascio della patente convenzionale, ma comunque è possibile rinnovarla, sebbene – ancora una volta – con tempistiche particolari. E come con le normali patenti, anche per la patente speciale sono previste diverse circostante che portano al suo ritiro.
È una Commissione medica specifica a riconoscere nella persona invalida la capacità di guidare tramite la visita medica; se l’handicap si manifesta in un secondo momento, il riconoscimento spetta alla Motorizzazione, con la conseguente conversione della patente in patente “speciale”, e con la richiesta di un’adeguata personalizzazione del veicolo legata ai deficit motori. La Commissione prende in esame, anche in sede di rinnovo, i seguenti criteri: la vista, l’udito, l’efficienza degli arti, la presenza di malattie e affezioni morbose, i tempi di reazione.
Una volta in scadenza la patente, con durata 5 anni, la Commissione riesamina il soggetto e può avvalersi della certificazione di sospensione della patente, per la quale l’automobilista deve dare comunicazione alla Motorizzazione. Ciò può avvenire per la constatazione dell’aggravarsi delle patologie tali da divenire incompatibili con la guida; si parla infatti di: affezioni cardiovascolari; diabete mellito, necessitante di insulina; malattie del sistema nervoso; epilessia; malattie psichiche (psicosi, disturbi della personalità); insufficienza renale; malattie del sangue o dell’apparato urogenitale. Compreso l’aumento di sostanze psicoattive (alcool, stupefacenti).