In Italia una donna su cinque lascia il lavoro per badare ai figli. Le ragioni non sono sconvolgenti e preoccupanti ed ecco il perché.
Il nostro Paese al momento sta affrontando un periodo lavorativo sempre più nero. Lo dimostra il fatto che attualmente ancora le donne sono meno pagate, hanno contratti peggiori e spesso sono costrette a trascurare la carriera per badare ai figli. Alcuni esponenti politici italiani hanno sostenuto che, le ragazze di 18 o 20 anni, dovrebbero aspirare prima di tutto alla maternità. Il dato di fatto è che oggi, in Italia, essere madri e lavoratrici risulta molto più complicato che in tutto il resto d’Europa. Vediamo perché.
Lavoro e maternità sempre più lontani
Il dossier “L’occupazione femminile” presentato a fine dicembre dal Servizio studi della Camera ha ribadito come il mondo del lavoro in Italia offra scenari ben diversi in base al genere d’appartenenza.
«Nel contesto europeo, il tasso di occupazione femminile in Italia risulta essere quello più basso tra gli Stati dell’Unione europea, essendo di circa 14 punti percentuali al di sotto della media UE» ha introdotto così lo studio. Ha poi sottolineato come i numeri di occupati tra la popolazione femminile e quella maschile sia ancora fortemente sbilanciata. Si parla di 13 milioni contro circa 9,5 milioni di donne che attualmente lavorano.
Oltre la metà di chi lascia il proprio lavoro perché non riesce a conciliare il lavoro con le attività familiari, quando poi arrivano i figli lo scenario peggiora ancora di più. Una donna su cinque, infatti, si licenzia a seguito della maternità. «La decisione di lasciare il lavoro è infatti determinata per oltre la metà, il 52 per cento, da esigenze di conciliazione e per il 19 per cento da considerazioni economiche. In generale, il divario lavorativo tra uomini e donne è pari al 17,5 per cento, divario che aumenta in presenza di figli ed arriva al 34 per cento in presenza di un figlio minore nella fascia di età 25-54 anni». La cosa più sconcertante sono le vere motivazioni di base.
Perché sempre più donne si licenziano
Le ragioni sconvolgenti sono da attribuire ad una conciliazione lavoro-famiglia che coinvolge sia aspetti sociali che economici. Secondo lo studio del Gap retributivo, la differenza tra il salario annuale medio percepito è del 43% (sopra la media europea del 36,2%). In pratica le donne guadagnano mediamente meno degli uomini. La cifra si aggira intorno ai 7.922 euro in meno all’anno. Anche le caratteristiche del lavoro svolto sono nettamente differenti. Le donne sono maggiormente esposte a contratti precari e orari part-time. Questi fattori sono determinanti su chi deve decidere chi nella coppia dovrà lasciare il lavoro in caso necessità familiari. Sarà sempre la donna portando meno soldi al bilancio familiare.
La questione non finisce qui, perché abbiamo ancora il Gap educativo da esaminare. Il report ha mostrato come le differenze tra lavoratrici con e senza figli vadano ad assottigliarsi se si ha un grado d’istruzione elevato. Inoltre i servizi per l’infanzia sono davvero precari. In Italia trovare un posto alla scuola per l’infanzia è un’autentica impresa. Un altro fattore determinante è l’impossibilità di trovare qualcuno che badi ai piccoli. Questo obbliga un genitore a rinunciare alla carriera. «Nell’accessibilità al servizio – conclude il report – penalizzate le famiglie più povere, sia per i costi delle rette, sia per la carenza di nidi in diverse aree del Paese».