Da diverso tempo le aziende hanno capito che lavorare in ufficio ha un costo maggiore. Perché allora non tutti passano allo smart working?
La dinamica lavorativa sta subendo una metamorfosi, soprattutto all’interno delle organizzazioni, dove emergono nuove prospettive, aspirazioni e priorità tra i lavoratori. L’epidemia e le restrizioni che hanno impedito ai dipendenti di spostarsi hanno radicalmente alterato il tessuto delle modalità lavorative tradizionali. L’adozione diffusa del telelavoro ha aperto la strada a un approccio alternativo alla vita professionale, caratterizzato da maggior tempo libero e una maggiore flessibilità. Ma perché non tutti fanno questa scelta?
Lavorare in ufficio è più costoso, ma le aziende lo preferiscono
Nonostante sia più che palese che lavorare in ufficio abbia un costo elevato, molte aziende mostrano ancora resistenza verso l’idea di consentire ai propri dipendenti di lavorare da remoto, e le motivazioni addotte sono spesso carenti di un supporto tangibile riguardante i vantaggi del lavoro in sede.
In merito a questa tematica, Morgan, un’esperta di reclutamento appartenente alla Generazione Z e addetta alle Risorse Umane, ha condiviso le sue osservazioni su un articolo di Fortune riguardante il costo del tragitto per recarsi al lavoro: 561 dollari al mese.
L’articolo citato da Morgan, pubblicato su Fortune, si apre con un titolo eloquente: “I lavoratori spendono quanto il costo di una spesa mensile per tornare in ufficio, e il risentimento cresce, secondo un nuovo studio”. Morgan commenta: “I dirigenti ammettono la mancanza di dati a supporto dell’obbligo di tornare in sede, ma non esitano a imporlo ai dipendenti, facendoli spendere 561 dollari al mese per questo motivo”.
Successivamente, sottolinea che “Solitamente, quando si chiede il motivo, si fa riferimento alla cultura aziendale, ma riflettiamo: quando privi le persone della flessibilità e le costringi a sostenere spese di trasporto, finiscono per sentirsi esauste e stressate“.
L’impatto sui dipendenti
L’articolo di Fortune analizza varie ragioni per cui i dipendenti risentono fisicamente e mentalmente del ritorno in ufficio, e uno dei principali fattori è rappresentato dai lunghi spostamenti casa-lavoro, soprattutto se superiori ai 30 minuti. Un aspetto, quello dell’importanza del tempo, che molte persone hanno imparato a considerare solo a seguito della pandemia di Covid-19, scoprendo di avere bisogno di più tempo per se stessi.
La flessibilità riguarda anche la possibilità di preparare il pranzo durante la pausa o dedicarsi alle faccende domestiche tra una riunione e l’altra, piccoli comfort che contribuiscono al benessere (e quindi alla produttività) del lavoratore.